AME SCIUTE CU Ne LAVAME LA FACCIE E N’AME CICATE N’UECCHIE
Stavo firmando la cinquantina di assegni salariali con cui stipendiare l’esiguo numero di collaboratori che si occupano delle faccende domestiche presso la mia poco pretenziosa dimora quando venni distratto dal fruscio delle calze di Margareth Pigeonsbite, statuaria addetta alla mia segreteria privata, che diede prova di estrema scioltezza delle giunture piegandosi a gambe tese ed unite per prelevare dal cassetto inferiore del raccoglitore posto di fronte alla mia scrivania l’incartamento che le avevo appena richiesto. Ero intento ad osservare che le pieghe della minigonna plissettata che indossava non venissero gualcite dalla acrobatica postura quando la Montblanc che impugnavo mi scivolò dalle dita rotolando sul tavolo e macchiando d’inchiostro la mia immacolata camicia.