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Visualizzazione dei post da giugno, 2011

La Nuvola e la Duna

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Un giorno Biwenabhirrha, l'acuto discepolo, chiese al Maestro quale fosse il sacrificio più grande. Il Maestro gli raccontò la storia di una giovane nuvola che faceva la sua prima cavalcata nei cieli, con un branco di nuvoloni gonfi e bizzarri.      Quando passarono sopra a "Onda blu lido", le altre nuvole, più esperte, la incitarono: “Corri, corri! Se ti fermi qui sei perduta!”. La nuvola però era curiosa, come tutti i giovani, e si lascio scivolare in fondo al branco delle nuvole, così simile ad branco di cefali salterini.      “Cosa fai? Muoviti!”, le ringhiò dietro il vento.  

NÒ RUSCE E NÒ MUSCE

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Stavo terminando di ritrarre la modella samoana Eceje Tuttutuue in una serie di fotografie ispirate allo stile del grande Helmut Newton quando la mia concentrazione venne disturbata da Archibald che, porgendo un candido peplo alla fanciulla in modo da consentirle di coprire le sue procaci grazie, mi informò che il responsabile EDP addetto alla supervisione della rete intranet che cabla in fibra ottica tutti gli ambienti della mia modesta residenza era in agitazione a causa di un sospetto virus informatico. Dopo essermi rivestito anche io (quando fotografo preferisco non essere impacciato da camicie e pantaloni) chiesi maggiori dettagli sul problema e quando il vecchio Archie mi disse che il virus in questione era il temibilissimo “sulfnbk.exe” trattenni a stento un moto di stizza ed esclamai: " Ma ce stè dice, ca quidde fail nò rusce e nò musce! " (Ma cosa sta dicendo, quel file non ruggisce e non muggisce) lasciando il mio attempato collaboratore allibito, soprattutto per l

Zump’u citrule e vè ngule all’ortolane (dopo le notizie del "cetriolo killer" teutonico)

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Discutevo con il mio interior designer su quale tipo di illuminazione fosse più appropriata per ottenere la migliore resa cromatica della tela del Tiepolo che avevo acquistato per adornare l’ingresso al quarto piano della zona notte riservata agli ospiti che spesso mi onorano della loro presenza nel mio modesto abituro quando venni raggiunto dal sopraffino Archibald che, senza por tempo in mezzo, provvide a comunicarmi che l’avvocato Pandetta desiderava urgentemente incontrarmi e mi attendeva nel mio studio privato. Preceduto dal mio lesto maggiordomo raggiunsi il legale che mi informò che un mio vecchio beneficiato, a cui avevo concesso in enfiteusi una piantagione di fichi d’India al fine di permettergli di risollevarsi dalla condizione di abbrutimento fisico e morale in cui era sprofondato grazie alla infallibile medicina del lavoro manuale, evidentemente sobillato da alcuni cattivi consiglieri affermava di essere divenuto oramai proprietario per usucapione dell’appezzamento agricol