Introduzione (parlando con decenza...)



Prima di tutto, è bene confessare una cosa: questa modesta raccolta di scritti vuole consentire anche a chi non abbia pratica col dialetto e la filosofia di vita tarantina di conoscere un po’ della nostra storia e cultura, ma solo apparentemente.

In realtà è la superba risposta di un popolo conscio del proprio luminoso passato e del suo oscuro presente, un colpo di coda dell’orgoglio dei figli di Taras che si stringono a coorte esclamando  “Chi non ci vuole non ci merita!”.

Ebbene si, non badate al corso T.A.R.A.S. quello è fumo negli occhi; la verità è nelle altre pagine, in quelle righe che ospitano espressioni che solo chi ha respirato i metallici fumi dell’Italsider può comprendere, in quei modi di dire cinici e rassegnati che da sempre sferzano e consolano le rughe segnate dalla salsedine di chi dal mare trae gioia e dolore, in quelle frasi usate e abusate da tutti coloro che di fronte ad un forestiero, foss’anche il Papa, si presenterebbero con un “Nuje? Ce ne vulime de vuje!”.

Allora giù la maschera, inutile fingere di ignorare che solo a noi è dato il piacere della lettura, solo a noi è concesso di godere della atavica saggezza di chi ha abitato Taranto prima ancora che la scritta luminosa “RAFFO” dominasse orgogliosa il ponte girevole.

Già... quella scritta... chi non l’ha vista non può sapere quanto fosse importante per noi, segnava la linea di confine tra città vecchia e città nuova ed era forse il vero simbolo di Taranto, più del ponte girevole, più della fontana di piazza Ebalia, più del monumento di piazza della Vittoria o della metallica e virile coppia di marinai.

Ora quella scritta non c’è più, se ne è andata insieme alla birra che reclamizzava, lasciando Taranto senza abbandonare i tarantini, che della Raffo erano, sono e saranno estimatori ad oltranza, tanto da costituire un caso più unico che raro di fidelizzazione di massa ad un prodotto di mercato.

Questa raccolta, nata dalla mailing list di TarantoNostra ed alla lista destinata, ha avuto favorevole accoglienza anche al di fuori della ristretta cerchia di amici a cui era dedicata ed è questo uno dei motivi di maggiore soddisfazione, anche a distanza di tanti anni. 



Visto il tempo trascorso dalla prima stesure e gli eventi succedutisi da allora, corre l’obbligo di precisare un paio di cose.

La prima è a beneficio di chi ha frequentato TarantoNostra negli anni della sua attività più ricca; nelle pagine che seguono sono citati – più o meno esplicitamente – un paio di amici che non sono più tra noi. Alla loro memoria dedichiamo un commosso ricordo ed un sentito ringraziamenti per il tempo trascorso insieme.


La seconda doverosa precisazione è relativa alla ortografia dei termini dialettali; sin dai tempi in cui alcuni paludati intellettuali ci onorarono della loro attenzione criticando quello che ritenevano essere un modo oltraggioso di descrivere Taranto ed i tarantini e bocciando senza appello l’ortografia da noi utilizzata per rendere i termini dialettali, abbiamo sostenuto che il dialetto è una lingua viva, che cambia nel tempo e si modella costantemente, sfuggendo a regole fisse e ferree imposizioni. Inoltre nessuno di noi vuole vantare una qualche esperienza di glottoligia, filologia o linguistica, quindi abbiamo trascritto i termini come ritenevamo meglio per renderli comprensibili ai più, senza per questo voler ritenere la grafia impiegata la più precisa tra le possibili. A chi – a distanza di anni – voglia ancora sollevare polemiche sulla questione, va tutto il nostro sincero dispiacere per una vita evidentemente priva di altri più interessanti passatempi.


 

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