NE VOLE DE CULE DE QUECCELE
Stavo
esaminando la qualità di stampa del florilegio di calendari allegati alle
riviste in edicola in questi giorni al fine di decidere quale di questi
appendere sulla parete del mio modesto ufficio, quando il mio attento sfogliare
fu interrotto dal lieve scalpiccio che annunciava l’approssimarsi di Archibald,
il mio allampanato quanto ceruleo maggiordomo.
Coprii i
calendari piazzandoci sopra l’ultimo numero del “Financial Times” al fine di
evitare al vecchio Archie le palpitazioni cardiache che gli avrebbe provocato
la visione imprevista di più epidermide femminile di quanta ne avesse mai visto
fino ad allora e, dopo aver reinfilato i pantaloni, lo accolsi chiedendogli il
motivo del suo avvento.
Il fedele
famiglio mi comunicò con il suo normale aplomb britannico che il sommelier del
canale televisivo satellitare “Caure russe” riteneva di non poter effettuare la
degustazione del vino novello prodotto con le uve del mio piccolo podere
nell’ambito di una trasmissione dedicata alle delizie enogastronomiche della
Puglia perché, a suo dire, la percentuale di piombo contenuta nel bicchiere di
cristallo da noi reso disponibile per l’assaggio era inferiore a quella ideale.
Ben
deciso a far notare al presuntuoso avvinazzato che i bicchieri usati nella mia
umile dimora erano esclusivamente baccarat, commentai ad alta voce l’infondata
fisima dello sbevazzone esclamando: “CE’ NE VOLE DE CULE DE QUECCELE!” (Quante
ne vuole di parti terminali di murice).
Non
potevo non attendermi di ricevere lo sguardo interrogativo di Archibald sul
significato della mia espressione e sul perché tanti modi di dire tarentini
comprendessero il termine “cule” e così infatti fu; per renderlo edotto con
precisione sul significato della mia esclamazione deviai dal tragitto verso la
cantina e mi diressi verso la biblioteca di piano, da cui prelevai il prezioso
manuale “Metodologie di impiego della Raffo nelle attività di prevenzione dei
fenomeni di abbrumaggio delle
imbarcazioni del golfo di Taranto” redatto con inarrivabile perizia dal chimico
olandese Jaan Van Der Kunaspjnt (Amsterdam, 1658 – Mastopessi clandestina per
aumentare il volume dei muscoli pettorali, 1722), noto per aver recitato da
protagonista nello spettacolo “The Rocca Horror Picture Show” presso il “Go
West Saloon” e per aver gestito con successo il centro di dimagrimento “Molto
fumo e poco arrosto” che impiegava gli effetti rilassanti indotti dalla
cannabis per limitare la sensazione di fame dei pazienti sottoposti
all’innovativo trattamento.
Il Van
Der Kunaspjnt spiega che con il termine “queccele” viene a Taranto indicato il
murice, un mollusco marino dei Gasteropodi munito di conchiglia robusta, rugosa
e spinosa da cui in passato veniva estratta la porpora, pregiata sostanza
impiegata per tingere gli indumenti. Soppiantata la porpora da altre più
convenienti sostanze, il “queccele” viene oggi impiegato per uso gastronomico e
consumato cotto in saporite insalate di mare.
Come
molti altri animali della stessa specie, il murice chiude l’accesso alla
conchiglia con una piastra cornea che sigilla l’ingresso ed impedisce
l’introduzione di appendici prensili di predatori animali o umani. Questa
caratteristica, unita alla piccola dimensione dell’animale ed allo sviluppo
spiraliforme della conchiglia, rende assai difficoltosa l’estrazione dell’animale
e quindi molto complicato l’assaggio della parte terminale (“u cule”).
Stante
quanto sopra, affermare che qualcuno vuole “cule de queccele” significa
ritenere che la richiesta sia capziosa e quasi impossibile da soddisfare,
espressa spesso più per mettere in difficoltà il destinatario che per
soddisfare una reale necessità del richiedente; si dirà quindi che “vole cule
de queccele” la massaia che pretende esorbitanti extrasconti durante il periodo
dei saldi o l’industriale siderurgico che chiede contributi pubblici per
l’adeguamento dei presidi antinquinamento della propria azienda agitando lo
spettro del licenziamento in massa degli operai, l’insegnante che impone di
declamare con giusto ritmo ed intonazione una poesia futurista di F.T. Marinetti
o la pulzella che prima di accompagnarsi con qualsivoglia giovanotto ne esamini
accuratamente cilindrata automobilistica, provvista economica e dotazione
virile.
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