Fine di un ciclo
Un giorno Biwenabhirrha, l'appassionato allievo, chiese al Maestro come comprendere quando un discepolo ha terminato il suo apprendistato.
Il Maestro allora raccontò la storia del Maestro Nakanadesa e del suo allievo Notrogiro e di quando, un giorno, il maestro giunse silenziosamente alle spalle dell'allievo, fermandosi ad osservarlo. Il giovane, a sua volta, pur avvertendone la presenza, continuò senza scomporsi a sbattere con forza il polpo sugli scogli per ammorbidirlo, concentrando tutta la sua attenzione nei colpi che stava sferrando. “Cosa fai?”, domandò bruscamente il maestro. Notrogiro si volse sorridente. “Non lo so - rispose - sto cercando di scoprirlo”.
“E tu cerchi la comprensione con pugni e schiaffi?”, ribadì ironicamente Nakanadesa.
“Qualcuno ha detto - rifletté a voce alta il discepolo - che ciò che conta, più che la Via, è colui che cammina”.
“Allora perché non ti limiti a sedere in meditazione davanti a un masso?”
“Oh! Quello va bene per i Buddha... io sono solo un uomo!”
“In questo porto - disse ancora Nakanadesa insinuante - Kinedesiwe Sensei è famoso per la sua abilità nel tiro della grammedda. I suoi lanci non mancano mai il bersaglio: pensi che ciò dipenda dal fatto che si allena per molte ore al giorno?”
“Può darsi... O forse, avviene perché ha compreso che non vi è distanza tra sé e il bersaglio.”
Nakanadesa assentì col capo, soggiungendo: “Stai dando delle risposte molto assennate. Pensi dunque di essere vicino all'illuminazione?”
“Maestro - rispose Notrogiro - se non vi è distanza tra il tiratore e il bersaglio, come si può essere vicini o lontani dall'illuminazione?”
Nakanadesa, allora, si inchinò lievemente all'indirizzo del suo discepolo e continuò a piegarsi per prendere una Raffo dalla sua bisaccia. Notrogiro, sorprendentemente, scelse proprio quel momento per lanciare un potente grido e tentare di colpire il maestro con un mappino di violenza inaudita. Per nulla scosso il maestro si spostò di lato e mosse con rapidità fulminea il braccio destro, mandando la sua mano ad arrestarsi con un sonoro schiaffo sulla guancia di Notrogiro, che comprese che era il suo turno di inchinarsi. Quando rialzò il capo il maestro se ne era andato. Ricomparve la mattina successiva, affacciandosi al bordo della barca in cui aveva Notrogiro aveva passato la notte, guardando le stelle. “Sei ancora qui? - gli domandò in modo brusco il Maestro - Vattene dunque. Non hai capito che non ho più nulla da insegnarti su come si arma il cuenzo?”
“Perdonami Maestro... - rispose il giovane inalberando un accattivante sorriso - ... ma se non hai nulla da insegnarmi, cosa fai TU ancora qui?”
Risero entrambi, con la spensieratezza dei bambini in vacanza, mentre insieme si recavano a bersi una Raffo ghiacciata.
Il Maestro allora raccontò la storia del Maestro Nakanadesa e del suo allievo Notrogiro e di quando, un giorno, il maestro giunse silenziosamente alle spalle dell'allievo, fermandosi ad osservarlo. Il giovane, a sua volta, pur avvertendone la presenza, continuò senza scomporsi a sbattere con forza il polpo sugli scogli per ammorbidirlo, concentrando tutta la sua attenzione nei colpi che stava sferrando. “Cosa fai?”, domandò bruscamente il maestro. Notrogiro si volse sorridente. “Non lo so - rispose - sto cercando di scoprirlo”.
“E tu cerchi la comprensione con pugni e schiaffi?”, ribadì ironicamente Nakanadesa.
“Qualcuno ha detto - rifletté a voce alta il discepolo - che ciò che conta, più che la Via, è colui che cammina”.
“Allora perché non ti limiti a sedere in meditazione davanti a un masso?”
“Oh! Quello va bene per i Buddha... io sono solo un uomo!”
“In questo porto - disse ancora Nakanadesa insinuante - Kinedesiwe Sensei è famoso per la sua abilità nel tiro della grammedda. I suoi lanci non mancano mai il bersaglio: pensi che ciò dipenda dal fatto che si allena per molte ore al giorno?”
“Può darsi... O forse, avviene perché ha compreso che non vi è distanza tra sé e il bersaglio.”
Nakanadesa assentì col capo, soggiungendo: “Stai dando delle risposte molto assennate. Pensi dunque di essere vicino all'illuminazione?”
“Maestro - rispose Notrogiro - se non vi è distanza tra il tiratore e il bersaglio, come si può essere vicini o lontani dall'illuminazione?”
Nakanadesa, allora, si inchinò lievemente all'indirizzo del suo discepolo e continuò a piegarsi per prendere una Raffo dalla sua bisaccia. Notrogiro, sorprendentemente, scelse proprio quel momento per lanciare un potente grido e tentare di colpire il maestro con un mappino di violenza inaudita. Per nulla scosso il maestro si spostò di lato e mosse con rapidità fulminea il braccio destro, mandando la sua mano ad arrestarsi con un sonoro schiaffo sulla guancia di Notrogiro, che comprese che era il suo turno di inchinarsi. Quando rialzò il capo il maestro se ne era andato. Ricomparve la mattina successiva, affacciandosi al bordo della barca in cui aveva Notrogiro aveva passato la notte, guardando le stelle. “Sei ancora qui? - gli domandò in modo brusco il Maestro - Vattene dunque. Non hai capito che non ho più nulla da insegnarti su come si arma il cuenzo?”
“Perdonami Maestro... - rispose il giovane inalberando un accattivante sorriso - ... ma se non hai nulla da insegnarmi, cosa fai TU ancora qui?”
Risero entrambi, con la spensieratezza dei bambini in vacanza, mentre insieme si recavano a bersi una Raffo ghiacciata.
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