INTRODUZIONE (Sempre parlando con decenza)

In molti mi chiedono, spesso, di parlare del Maestro, di chi sia, quanti anni abbia, da dove venga.
A tutti coloro rispondo come Lui rispose a me quando, tanti anni fa, gli feci le stesse domande: "Perché ti interessi della forma della bottiglia, se poi quello che importa è se al suo interno è contenuta la Raffo?
Queste brevi note non vogliono essere altro che un parziale riflesso della Sua immensa saggezza, fornite a coloro che vogliono dissetarsi alla fonte della Sua incommensurabile conoscenza.

 
Pure, il Maestro è un uomo, e come tale è nato al mondo in un giorno ed in un luogo, ha avuto una madre ed un padre, ha giocato, ha pianto, ha vissuto, come tutti gli uomini.
Riguardo al Suo passato il Maestro ha sempre mostrato una discrezione estrema perché, come Egli ama dire, "Quando bevi una Raffo, non ti importa dell’acqua e del luppolo con cui è stata creata!" eppure, attraverso vaghi accenni e fugaci allusioni, oggi posso raccontare qualcosa…
Il Maestro nacque da una famiglia molto ricca, che Lo allevò negli agi e nelle comodità, lontano dai clamori e dalle brutture del mondo e circondato da quanto di meglio il mondo poteva offrirGli.

 
Il Maestro crebbe così in un ambiente sereno e raffinato, ignaro del dolore, della malattia e della morte finché un giorno, adolescente, convinse il Suo tutore a fare una passeggiata fuori dalle mura domestiche che sino ad allora erano state un bozzolo protettivo e, appena uscito, si imbatté in un malato, in una vecchia, in un funerale ed in un barese. Questi incontri furono per il giovane una rivelazione, questa era dunque la atroce realtà sottostante alla vita che Egli credeva fosse solo svago e piacere.
Tornato a casa salutò i genitori e, con i soli abiti che indossava, si tuffò nel mondo per conoscere le infinite sfaccettature della realtà. Passarono gli anni ed il Maestro continuava a praticare forme estreme di ascetismo digiunando, dormendo sulla nuda terra e meditando incessantemente, fino a ridurSi allo stremo delle forze e ad un passo dalla morte. Invano però Egli metteva alla prova il Suo spirito ed il Suo corpo, nonostante tutti i suoi sforzi Egli non riusciva a conoscere l’inconoscibile, non riusciva ad aprire quella porta dietro cui sapeva esserci il preziosissimo gioiello della pura Conoscenza.
 

"Tutto è vano, - si disse un giorno, - non è dato all’uomo mortale di conoscere quello che solo gli dei sanno", si abbandonò così sulle sponde del Mar Piccolo, ai piedi di un albero per riposare, finché il sole non arrivò al limitare dell’orizzonte. Mentre Lui continuava a sostare seduto, senza pensieri, senza desideri, abbandonato al Suo puro “essere qui e ora” giunse da lontano un gruppo di pescatori che, vedendolo li sotto l’albero, gli chiesero cosa mai fosse successo; Egli rispose malinconico:"So di non sapere e non so come fare per sapere quello che non so". Quegli uomini semplici si guardarono perplessi tra loro e poi uno disse allegro, porgendogli una bottiglia di birra: "No’ te fa’ sang’ amar’, mae’, e bivete stà Raffo!".
 
Il Maestro riandò con la memoria a quei lunghi anni di digiuno, di privazione e di mortificazione ed alla loro inutilità, niente di tutto ciò aveva avuto un risultato e quindi niente di tutto ciò aveva più ragione di essere. Bevve la birra ed una pace sconosciuta Lo avvolse, la Sua  coscienza divenne simile ad un lago limpido ed immobile, uno specchio vuoto in cui la vita si riflette con ineffabile perfezione.


QUANDO UN DITO INDICA UNA RAFFO, GLI IMBECILLI GUARDANO IL DITO
Il Maestro restò li tutta la notte, tenendo in mano quella bottiglia ormai vuota che gli aveva aperto la Via verso la saggezza. Quando il sole sorse di nuovo il Maestro era ancora scosso dalla esperienza sublime che aveva trasceso ogni passata sensazione ma capì che quello che aveva provato era alla portata di ogni essere senziente, di ogni uomo che vive addormentato, in attesa del risveglio che lo possa condurre alla perfetta beatitudine che è nella sua intrinseca natura. Il Maestro aveva compreso che il tragitto che conduce dalla sofferenza alla gioia è brevissimo, più breve del passo di un nazzicante “perdone” durante i riti della Settimana Santa; la Conoscenza del Maestro era così grande che voleva essere condivisa, traboccava naturalmente dal Suo cuore come una Raffo che viene stappata dopo averla a lungo agitata, come poteva Egli non mettere a parte gli uomini del destino sublime che gli appartiene di diritto?

 
Eppure, qui stava il paradosso, come condividerlo? Come comunicare una esperienza che è del tutto al di fuori della mente razionale? Con quali parole esprimere l’inesprimibile, quando la mente a cui il linguaggio appartiene è l’ostacolo stesso all’esperienza che si vuole comunicare?
Il Maestro decise comunque di tentare l’impossibile, animato da amorevole compassione per il genere umano, decise di comunicare l’incomunicabile, di fare del Suo stesso essere un invito ed un esempio.
Il Maestro sapeva che quando un dito indica una Raffo, molti imbecilli guardano il dito e trascurano la Raffo, ma Egli sapeva che chi avesse avuto gli occhi per vedere avrebbe visto e che se anche un solo essere senziente avesse conosciuto la Raffo giungendo al perfetto risveglio, questo sarebbe bastato a giustificare tutta una vita spesa a questo scopo.


CI ERA MEGGHIJE ERA NUESTR’U STESSE
Incontrai il Maestro diversi anni fa, Egli era già molto vecchio ma nei Suoi occhi brillava una luce che mi ammaliò e mi convinse a seguirLo seduta stante. Egli mi fece l’immenso onore di permettermi di occuparmi delle Sue necessità quotidiane mentre mi metteva a parte della Sua immensa saggezza.
Il Maestro non ha mai voluto mettere per iscritto i Suoi pensieri; con esemplare modestia afferma sempre che questi non sono Suoi, ma Gli vengono suggeriti dall’Anima del Mondo e forse è questo il motivo per cui la maggior parte dei Suoi detti hanno un aria di “già sentito”, come se riecheggiassero qualcosa di già conosciuto mentre solo i maligni insinuano che la Sua modestia altro non sia che un espediente per svicolare dalla accusa di plagio.

Questa raccolta non contiene le elaborate discussioni che animano le nostre lunghe giornate di pellegrinaggio, comprende invece solo poetiche e lapidarie affermazioni, esortazioni o metafore; ciononostante questa piccola raccolta contiene l’inestimabile tesoro della Sua saggezza e ci comunica una parte, sia pura infinitesima, degli insegnamenti di quest’uomo straordinario.


Quegli insegnamenti oggi mi accingo umilmente a condividere con voi, con la speranza che li troviate utili, illuminanti e profondi come li ho trovati io.

Certo la parola scritta, rispetto a quella ascoltata direttamente, è priva del fondamentale apporto empatico col Maestro, eppure, una flebile candela che brucia nella notte, anche se non potrà mai sostituire il sole, consentirà comunque all’accorto viandante di percorrere in sicurezza la sua Via.

AVVERTENZE

Lungi dal voler tentare una classificazione organica, il materiale riportato è stato suddiviso in parti omogenee: la prima raccoglie le domande ed i dubbi che al Maestro poneva Biwenabhirra, il Suo fedele discepolo; la seconda parte comprende brevi motti tratti da più vasti discorsi che, pur estrapolati dal contesto in cui furono pronunciati, mantengono comunque un intrinseco valore espressivo; la terza parte è la più poetica e raccoglie liriche e riflessioni del Maestro; la quarta ed ultima parte comprende invece i proverbi ed i modi di dire che frequentemente il Maestro usava per commentare gli avvenimenti quotidiani.
Sempre citando il Maestro, è doveroso ricordare che “la Verità, a differenza della Raffo, a volte può dispiacere”, così è bene che chiunque intenda proseguire nella lettura, sappia fin d’ora che potrà incontrare dei punti che potranno urtare, offendere o dileggiare la propria Fede o il proprio Credo religioso, politico o spirituale. Confidiamo che questi momenti di apparente conflitto vengano affrontati con saggezza e consapevolezza, al fine di incontrarci nelle cose che ci uniscono piuttosto che dividerci sulle cose che ci separano.

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